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Brand Awareness e Brand Reputation: cosa sono e perché sono importanti

Camilla Varrella

Nel mondo del marketing si sente spesso parlare di Brand Reputation e Brand Awareness soprattutto in riferimento ai grandi marchi. Invero i due concetti sono applicabili a qualsiasi realtà imprenditoriale e sono di fondamentale importanza. Perciò, il seguente articolo si propone prima di sviscerare le due nozioni singolarmente, riportando anche dei case study, e successivamente di metterle a confronto.

Ciò consentirà di comprendere due fenomeni:  il primo vede aziende ben reputate perdere la fiducia dei propri clienti per un singolo contenuto negativo divenuto virale; il secondo riguarda l’uso da parte dei  consumatori del nome di una marca che produce un determinato prodotto come sinonimo del termine che indica quel prodotto. È il caso del mascara spesso chiamato rimmel. Tale associazione si verifica perché il marchio Rimmel London ha una Brand Awareness molto elevata. Come anche il brand Coca Cola di cui si potrà leggere ampiamente in un paragrafo sottostante. 

 

Cos’è la Brand Reputation

La Brand Reputation si fonda sulle condotte e sulle performance conseguite da un brand nel corso della sua storia e sulle sue capacità di soddisfare le aspettative dei diversi resource-holder. Di conseguenza, deriva dalla fiducia che l’azienda è in grado di riscuotere in base al comportamento che ha assunto nel tempo. 

I resource-holder sviluppano un certo grado di fiducia verso l’organizzazione quando c’è corrispondenza tra le aspettative da essi maturate e l’esperienza diretta e indiretta che essi hanno con il brand. Ricerche dimostrano che anche di fronte a informazioni negative i pubblici non cambiano improvvisamente le loro valutazioni. Maggiore è la stabilità del giudizio su un’organizzazione minore sarà l’impatto negativo sulla reputazione. Pertanto, brand ben reputati sono maggiormente in grado di affrontare e superare situazioni di crisi. 

Per maturare un giudizio fondato, i pubblici hanno bisogno di entrare più volte in contatto con l’organizzazione e di accumulare più percezioni degli elementi di corporate identity, simbolici e comportamentali. Per un giudizio adeguato sulla reputazione è necessario un periodo di tempo non breve, di conseguenza la reputazione ha una natura storica. Le performance alimentano la fiducia e la credibilità così da permettere al brand di riflettere un’immagine stabile nel tempo che si traduce in buona reputazione. Presupposto per la credibilità e la stabilità è il commitment, vale a dire l’impegno costante, durevole, coerente e vincolante.

Ricapitolando, nel concetto di Brand Reputation sono insiti elementi quali:

  • La percezione dei pubblici di riferimento
  • La storia e le aspettative future circa il modo di comportarsi dell’organizzazione
  • Il giudizio di valore, frutto di una valutazione rispetto alle condotte del brand implementate nel tempo
  • Il grado di stima e di credibilità presso i pubblici

Al pari delle risorse monetarie anche la reputazione rappresenta un mezzo per ottenere altri tipi di risorse rilevanti di natura soprattutto intangibile e fiduciaria. Una reputazione favorevole costituisce per l’organizzazione un prezioso capitale fiduciario utilizzabile non solo nel presente, ma anche in futuro, a condizione però che esso non venga depauperato a seguito di comportamenti dannosi, non etici o socialmente irresponsabili da parte dei membri dell’organizzazione. La formazione della Brand Reputation avviene nell’ambito di un processo che ha, come punti di partenza, i segnali e gli stimoli percepiti dai pubblici dell’organizzazione provenienti da varie fonti. Sono fonti della reputazione:

  • Le esperienze dirette degli stakeholder
  • I comportamenti e le attività di comunicazione poste in essere dall’organizzazione e dai suoi membri
  • La comunicazione da parte di terzi (opinion leader, media tradizionali e digitali, competitor, clienti ecc.)

Le fonti della reputazione sono dunque sia endogene che esogene. Quest’ultime sono sempre meno controllabili da parte dell’organizzazione. 

In caso di percezione positiva dei resource-holder, questi tendono a esprimere comportamenti favorevoli in termini di: preferenze d’acquisto, passaparola positivo, fedeltà dei dipendenti e dei partner, apporti di capitali da parte degli investitori e così via. Questo processo che parte dalle fonti della reputazione e termina con i risultati conseguiti è descritto nel modello Value Equation

Value Equation

Value Equation

 

Per quanto riguarda la fase delle percezioni, il modello RepTrak System definito dal Reputation Institute, società di consulenza specializzata in studi sulla Brand Reputation, offre utili indicazioni al riguardo. 

Tale modello è basato su quattro key concept: Trust, Admiration, Respect e Good feeling. I quattro concetti chiave sono misurati sulla base delle percezioni dei resource-holder in relazione a sette dimensioni:

  • I prodotti e i servizi: riguarda la percezione dei pubblici circa l’affidabilità dell’organizzazione nel mantenere standard qualitativi elevati di beni e servizi
  • L’innovazione: indica la predisposizione dell’organizzazione a sviluppare nuovi beni/servizi e la sua capacità di adattamento ai cambiamenti
  • La governance: ossia l’attitudine dell’organizzazione a comportarsi in maniera etica e trasparente
  • La citizenship: cioè la responsabilità sociale e ambientale dell’organizzazione
  • Le performance: corrisponde alla profittabilità dell’organizzazione e alle sue 
  • prospettive di sviluppo
  • L’ambiente di lavoro: ovverosia il benessere organizzativo e la gestione delle risorse umane, intesa come capacità di offrire pari opportunità e riconoscimenti ai propri dipendenti
  • La leadership: rappresenta la capacità dell’organizzazione di manifestare, tramite il suo leader e i top manager, una visione del ruolo che potrà svolgere e degli obiettivi che potrà raggiungere

Ciascun resource-holder group attribuisce maggior rilevanza a determinate dimensioni del modello. Per i dipendenti risultano più rilevanti l’ambiente di lavoro e la citizenship. Per gli investitori, invece, la performance e la governance e così via. L’azienda deve monitorare costantemente il trend delle percezioni dei pubblici, poiché il livello di reputazione è soggetto a variare nel corso del tempo lungo le sette dimensioni del modello, a causa di fattori endogeni ed esogeni che abbiamo visto prima.

La Value Equation rappresenta la base concettuale su cui il brand può dar vita a un consapevole processo di reputation building, frutto di interazioni sociali che comportano tre differenti processi:

  • Shaping: l’organizzazione assume le decisioni necessarie a costruire la propria reputazione; vengono selezionati i resource-holder a cui comunicare i valori aziendali, le condotte implementate e le performance conseguite al fine di migliorare la percezione dei pubblici
  • Refraction: si basa sull’azione di soggetti terzi (agenzie specializzate, business media, opinion leader ecc.) in grado di modificare, avvalorare o distorcere le informazioni che riguardano l’organizzazione e di influenzare, di conseguenza, le percezioni e il giudizio dei pubblici
  • Assessment: riproduce il modo in cui si sviluppa la reputazione di un’organizzazione, rappresenta la modalità in cui si consolida la pluralità di immagini che si formano in seguito all’effetto combinato delle azioni sia dell’organizzazione che degli intermediari e porta al giudizio dei pubblici

Una reputazione solida deriva dalla capacità dell’organizzazione di farsi percepire in modo convergente e sovrapponibile rispetto alle valutazioni esterne e in linea con le aspettative dei resource-holder, le cui valutazioni, frutto anche delle comparazioni con le organizzazioni concorrenti (interfirm comparison), costituiscono la base per costruire i reputational ranking.

Se viene meno la fiducia dei resource-holder ogni azione, evento o circostanza può potenzialmente intaccare il capitale reputazionale. A riguardo si parla di reputational risk: gap che si può creare per la mancata corrispondenza tra le aspettative e le percezioni reali dei pubblici, tenendo conto delle promesse e delle azioni effettivamente poste in essere dall’organizzazione. Il rischio reputazionale si verifica perciò nel caso in cui il divario tra reputazione favorevole e situazione effettiva negativa dell’organizzazione possa pregiudicare il capitale reputazionale. Di conseguenza, sono necessari continui sforzi e un forte commitment. Il reputational risk influisce negativamente principalmente su cinque categorie di resource-holder:

  • Clienti: perdita di quota di mercato, riduzione dei ricavi delle vendite, perdita della fidelizzazione, preclusione del premium price
  • Dipendenti: difficoltà di attrarli e trattenere i talenti
  • Fornitori: rischio contrattuale
  • Investitori: rischio finanziario, difficoltà di ottenere capitale
  • Partner: perdita di interessanti opportunità di collaborazione

 

Brand reputation in crisi: case study

Per quanto un’azienda cerchi di mantenere alta la sua reputazione, gli imprevisti sono inevitabili. Di conseguenza, è bene avere un buon piano di crisis management, che presenti al suo interno delle linee guida da seguire, precedentemente stabilite, così da poter fronteggiare tempestivamente ogni situazione potenzialmente dannosa per il proprio capitale reputazionale (per approfondimenti).

Ci sono aziende, però, che, sprovviste di un adeguato piano di crisis management, hanno assunto comportamenti sbagliati finendo con l’intaccare la propria reputazione. Ne è un esempio il famoso brand di lusso Dolce&Gabbana, che nel 2018 ha perso la fiducia dei consumatori a causa di una campagna pubblicitaria discriminatoria. Gli spot della campagna “DGlovesChina” ironizzavano in maniera offensiva sulla cultura cinese. I video dovevano promuovere la sfilata di Shangai ma sono stati accusati di proporre un’immagine stereotipata della Cina e un certo grado di sessismo.  

Ad aggravare la situazione ci ha pensato l’account di Intagram “DietPrada” che  ha pubblicato gli screenshot dei messaggi privati tra Michaela Tranova, una collaboratrice del profilo, e Stefano Gabbana. Nella chat Tranova chiedeva allo stilista cosa pensasse della situazione e riceveva in risposta una serie di messaggi in cui Gabbana insultava la divisione cinese della sua azienda per aver cancellato i video dai social network cinesi, e la Cina in generale. Gli screenshot dei messaggi di Gabbana sono stati condivisi centinaia di volte, aumentando l’indignazione e portando diversi attori, modelli e altre celebrità cinesi a decidere di non partecipare alla sfilata, che, di conseguenza, è stata cancellata. Inoltre, TMall, JoyBuy e molti altri siti di eCommerce cinesi hanno eliminato i prodotti del brand dai loro scaffali virtuali. Le grandi star di Hollywood e numerosi influencer hanno preferito indossare altri brand, piuttosto che abiti firmati Dolce&Gabbana, sui red carpet del Golden Globe e degli Oscar. Alcune celebrità si sono anche pubblicamente espresse a sfavore del marchio. L’azienda ha reagito scusandosi e dichiarando che i suoi account erano stati hackerati e che i messaggi in questione non erano autentici. Ma, ovviamente, non è stato sufficiente e le ripercussioni sul piano economico sono state consistenti, soprattutto perché il mercato cinese, nel 2018, pesava per un terzo sulle vendite del lusso globale.

 

Cos’è la Brand Awareness

La Brand Awareness non è altro che la riconoscibilità di una marca, ovvero quanto un brand e i suoi prodotti o servizi siano conosciuti e riconosciuti nella mente dei consumatori. L’economista statunitense David Aaker ha elaborato la Piramide della Brand Awareness, che mostra i vari livelli di riconoscibilità che si possono raggiungere nella mente dei consumatori. 

Piramide Brand Awareness

Piramide Brand Awareness

 

Si passa, dunque, dalla non conoscenza della marca (Unaware of a brand), a un riconoscimento della stessa dopo una serie di domande che la rievocano (Brand recognition), fino ad arrivare a un richiamo spontaneo del marchio nella mente del consumatore (Brand recall) e, infine, all’associazione immediata del brand a un determinato bene o servizio (Top of mind).

Un’azienda che ha una forte brand awareness può contare sul fatto che i consumatori non solo conoscano il suo nome e i suoi prodotti, ma anche il logo, le campagne pubblicitarie e molto altro. Per raggiungere un tale livello di consapevolezza del marchio, sono sicuramente utili:

  • una buona presenza sui social network
  • la creazione di contenuti di valore
  • delle campagne pubblicitarie originali
  • un adeguato lavoro SEO per riuscire a posizionare il proprio sito più facilmente tra le prime pagine del motore di ricerca
  • il product placement
  • l’influencer marketing

 

TOM awareness: case study

TOM (Top Of Mind) awareness è, come precedentemente spiegato, la prima marca a cui si pensa in riferimento a una determinata categoria di beni o servizi. Ne è un esempio l’associazione che la maggior parte dei consumatori fanno tra bevanda gassata e Coca-Cola. Ciò si verifica perché il brand in questione ha sempre veicolato una forte e riconoscibile brand identity, come il logo, che pur essendo stato modificato nel tempo non ha mai subito cambiamenti significativi, e il colore. Difatti, è possibile distinguere il rosso vermiglio dal rosso ciliegia ma anche dal rosso Coca-Cola.

Logo Coca Cola nel tempo

Logo Coca Cola nel tempo

 

Oltre all’identità visiva, anche la comunicazione contribuisce a consolidare e a rendere familiare il brand; una comunicazione coerente ma in grado di adattarsi ai cambiamenti sociali e culturali. Basti pensare che nel 1969 Coca-Cola ha realizzato il cartellone pubblicitario “Boys on the Bench”, che riproduceva una scena di bambini afro-americani e bianchi seduti sulla stessa panchina di un parco di New York intenti a bere una Coca-Cola e a ridere. Quella è stata sicuramente una pubblicità importante se si pensa a quello che stava accadendo allora nella società. Nel 1968 Martin Luther King era stato assassinato e il Movimento per i diritti civili era in piena attività. The Coca‑Cola Company, forte delle sue convinzioni, ha voluto presentare al mondo quella scena nel modo più naturale possibile, perché, seppur all’avanguardia, risultava coerente con i valori che aveva portato avanti fin dai suoi esordi: “rinfrescare il mondo”; ispirare momenti di ottimismo e felicità; creare valore e fare la differenza.

Coca-Cola costruisce da sempre il suo storytelling rifacendosi a miti, ad archetipi e al folklore della cultura occidentale, il che ha avuto un ruolo decisivo nel rendere il brand così iconico. Non a caso, i più nell’immaginare Santa Claus sicuramente richiameranno alla memoria quello della Coca-Cola. 

 

In conclusione, aziende come questa riescono a raggiungere livelli così alti di Brand Awareness perché, malgrado le innovazioni e gli aggiornamenti, non hanno mai snaturato i propri valori e i significati attribuiti alla marca nel tempo.

 

Differenza tra Brand Reputation e Brand Awareness

In base a quanto detto, è chiaro che la Brand Awareness indichi quanto un brand sia diffuso e faccia parte dell’immaginario collettivo, mentre la Brand Reputation riguardi l’idea che i pubblici si siano fatti di un brand considerando i suoi comportamenti e le sue performance nel tempo. Sono due concetti completamente diversi. Un brand può essere molto conosciuto ma non godere di un’ottima reputazione, oppure avere una buona reputazione ma essere conosciuto da pochi.