Oggi il mondo del lavoro richiede una forte specializzazione. Di conseguenza, risulta necessario possedere numerose hard skill, specifiche a seconda della professione.
Le hard skill sono abilità che vengono acquisite attraverso l’istruzione e la pratica e si contrappongono alle soft skill, che invece sono caratteristiche personali sviluppate nel corso della propria vita grazie all’ambiente socio-culturale in cui si è cresciuti e alle esperienze vissute. Tuttavia, ciò non significa che le soft skill non possano essere ampliate e sviluppate nel tempo.
Nel settore digitale le hard skill più ricercate riguardano soprattutto l’ambito tecnico-scientifico. Difatti, la domanda per professioni come quelle del data analyst e del data scientist è molto elevata.
Le soft skill, però, non sono da meno. Per cui, durante un colloquio, sarà molto probabile dover rispondere a domande relative alla propria capacità di risolvere problemi, lavorare in gruppo, adattarsi a diverse situazioni e saper comunicare.
Siamo in un’epoca in cui la diffusione di Intelligenza Artificiale e Machine Learning sta mettendo in discussione il rapporto tra uomo e macchina nel mondo del lavoro. Molte attività che prima svolgeva il personale umano adesso sono svolte dalle macchine, ma in un’ottica di “Intelligenza aumentata”.
Quest’ultimo concetto significa il recupero della centralità dell’uomo rispetto alla tecnologia, il cui scopo deve essere quello di accrescere e non sostituire le capacità dell’essere umano, le cui peculiarità sono la creatività e l’intelligenza emotiva.
L’Intelligenza emotiva nel mondo del lavoro
I padri del concetto di “intelligenza emotiva” sono Peter Salovey e John Mayer, che nel 1990 hanno pubblicato un articolo a riguardo. Secondo i due studiosi questo tipo di intelligenza si basa sull’uso adattivo delle emozioni per risolvere problemi e adeguarsi in modo efficace all’ambiente. Il termine, però, è diventato famoso nel 1995 grazie a Daniel Goleman e al suo best seller Intelligenza emotiva: che cos’è e perché può renderci felici.
Il testo di Goleman ha portato a un cambiamento nel modo di selezionare il personale e di gestire le risorse umane nelle aziende, che precedentemente era concentrato solo sugli aspetti accademici e cognitivi.
Goleman sostiene che l’intelligenza emotiva sia costituita da cinque ingredienti:
- conoscenza delle proprie emozioni
- capacità di controllare i propri stati emotivi
- capacità di automotivazione
- riconoscimento delle emozioni altrui
- controllo delle relazioni
Dalla sua prima formulazione il modello di intelligenza emotiva si è evoluto e adattato al mondo aziendale degli affari. Ciò nondimeno è possibile rintracciare quattro macro-gruppi di competenze:
- autoconsapevolezza
- autogestione
- consapevolezza sociale
- gestione delle relazioni
Sviluppando tali caratteristiche si migliora il proprio potenziale emotivo e sociale e si è in grado di raggiungere il successo personale e professionale.
Nelle aziende è sempre esistita una cultura corporativa analitica, ovverosia centrata sugli aspetti cognitivi, quindi sui valori intellettuali condivisi, sulle regole e sulle procedure impiegate per raggiungere gli obiettivi. Ma la rivoluzione emotiva che si è diffusa nella nostra società negli ultimi anni ha reso evidente che la cultura cognitiva non è sufficiente, occorre anche quella emotiva. Quest’ultima è composta da valori affettivi condivisi, norme, processi e scenari che determinano quali emozioni è opportuno esprimere nel lavoro e come farlo. Le emozioni risultano essere di vitale importanza nelle imprese sia per il loro impatto economico – quelle negative, infatti, possono condurre all’assenteismo o al non svolgere le proprie mansioni in modo corretto – sia per il ruolo che hanno rispetto alla salute e al benessere.
Le aziende hanno finalmente compreso che le persone non possono agire prescindendo dal proprio bagaglio emotivo, per cui, se si desidera conoscere cosa succede nell’ambiente di lavoro, bisogna capire come vengono espresse e percepite le emozioni.
Statisticamente, è più probabile che gli impiegati dotati di intelligenza emotiva:
- ricevano aumenti salariali per i loro meriti
- occupino posizioni più elevate
- siano più produttivi
- presentino livelli di stress e burnout più bassi
- mostrino livelli di engagement aziendale più alti
- siano meno propensi a cambiare lavoro
- ottengano valutazioni positive sia dai colleghi che dai superiori
L’intelligenza emotiva può migliorare la soddisfazione lavorativa rendendo più facile ridurre l’intensità e la frequenza delle emozioni negative sentite durante lo svolgimento delle proprie mansioni; il che implica un aumento della produttività che farà sentire l’impiegato soddisfatto e orgoglioso del suo lavoro e di se stesso.
Nonostante ciò, l’ingresso delle emozioni nella vita aziendale non è un processo semplice, richiede consapevolezza e convinzione.