Si spendono fiumi di parole per definire quale sia il modo più corretto di scrivere testi ottimizzati per la SEO, come distribuire i paragrafi, quali keyword usare etc… ma si parla meno della Content Frequency, ossia una quantificazione della frequenza con la quale un sito pubblica su un certo argomento.
Non solo, la Content Frequency risponde, in realtà, a diverse domande, tra cui:
- Quanto dobbiamo scrivere per presidiare un topic?
- Quanto pubblichiamo su un determinato argomento?
- Quanto pubblicano i top player?
- Quanto abbiamo pubblicato noi?
- Quanto pubblicano i nostri competitor?
Cercheremo nei prossimi paragrafi di rispondere a queste domande per mostrare come un’analisi dei contenuti in termini di frequenza sia essenziale per ottenere piani editoriali bilanciati e per posizionarsi in maniera efficace su un macro-topic.
Perché ha senso analizzare la frequenza di pubblicazione?
Partiamo dalla definizione: la Content Frequency misura il numero di contenuti pubblicati su uno specifico topic dai siti che vogliamo analizzare. Sostanzialmente, quindi, è il rapporto tra il numero di contenuti realizzati su un set di keyword semanticamente omogenee e correlate, e il lasso di tempo in cui sono stati pubblicati.
Ora, la domanda è: facciamo davvero analisi dei contenuti, mentre strutturiamo un Piano Editoriale? Tipicamente analizziamo keyword, posizionamento, argomenti correlati… ma dimentichiamo la frequenza, il fattore tempo/densità.
- Come determiniamo quanti contenuti creare per ogni topic?
- Come decidiamo quanto dobbiamo scrivere per tutti gli argomenti?
Questo genere di analisi ha molto senso se fatta in relazione ai propri competitors.
Analisi della content frequency rispetto ai concorrenti: le 4 fasi
Se il nostro principale competitor di mercato è posizionato meglio di noi sulle SERP organiche e canalizza maggiore traffico, molto probabilmente sta gestendo una strategia di contenuto migliore della nostra.
Possiamo scoprirlo attraverso un’analisi divisa in 4 step:
- Identificare i competitor che vogliamo indagare a partire dai contenuti dei loro siti
- Fare scraping dei contenuti attraverso metodi low code/no code – come l’uso di Google Sheet, l’estensione Scraper di Chrome e il noto tool Screaming Frog – al fine di estrarre tutte le informazioni necessarie, come Data, Categoria, Autore, Tag di ogni singolo articolo
- Unire i dati e uniformarli, normalizzandoli perché siano leggibili
- Confrontare i dati, resi omogenei, per ottenerne delle evidenze, degli insights azionabili.
A quali quesiti risponde un’analisi della frequenza dei contenuti
Ci sono diverse domande che troveranno risposta dall’analisi appena effettuata.
- Quanto pubblichiamo noi e quanto pubblicano i competitor più visibili?
- Quanto traffico fanno i nostri competitor e dove, su quali contenuti / argomenti / topic?
- Che caratteristiche hanno i contenuti dei competitor?
- Come si posizionano i nostri contenuti rispetto agli altri
- Quanti click ricevono i contenuti, da quali kw?
- Su che tipo di SERP sono ospitati i contenuti
Potremmo giungere a conclusioni, a questo punto lampanti, che non ci aspettavamo: ad esempio, il nostro concorrente ha una frequenza di pubblicazione tripla rispetto alla nostra e questo ci erode spazi di posizionamento e traffico.
Conclusioni strategiche sulla produzione di contenuti orientati alla SEO
Il tema però è che non è così detto che scrivere molto su un topic, cioè avere una quantità alta di articoli a livello puramente numerico, sia la strada giusta.
Secondo un’analisi 2020 di SparkToro su dati SimilarWeb, il dato essenziale da prendere in considerazione per rispondere a questa criticità è il CTR, in particolare le cosiddette “Zero Click Searches”, che pesano per oltre il 46% dei risultati da desktop e per oltre il 77% da mobile.
Ora, detto che il traffico ormai è principalmente da mobile per quasi tutti i settori, quando produciamo del contenuto dobbiamo fare i conti con il fatto che – anche ammesso che si posizioni sulle SERP – potrebbe non generare sessioni né visite né click.
E queste sono le metriche che siamo abituati ad utilizzare per misurare il successo dei nostri contenuti. Facciamo un esempio con il cosiddetto “risultato zero”: un traguardo che tutti volevano raggiungere non appena è stato inserito in SERP ma che oggi registra spesso dei cali di oltre il 50% di CTR. Questo è un male oppure no?
La verità è che l’utente VEDE quel risultato per primo e per sua stessa natura il risultato zero fornisce una risposta immediatamente evidente, senza bisogno di cliccarci: non dovremmo iniziare a tenerne conto?
Concludendo, quindi, è sempre bene analizzare le ricerche – nostre e dei competitor – per capire cosa cercano gli utenti, poi identifichiamo i topic su cui dobbiamo scrivere e quanto dobbiamo coprire l’argomento per essere competitivi, e poi… moltiplichiamo i contenuti, cioè decliniamo gli argomenti, spacchettandoli in approfondimenti diversi, pensando sempre al bene dell’utente, all’utilità per il lettore finale, a prescindere da quei KPI che abbiamo imparato nel tempo a considerare come basici per la SEO ma che, oggi, stanno evolvendo insieme ai motori, agli strumenti a disposizione per le ricerche e ai comportamenti dei consumatori.